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Le querce fossili di Monzuno

Pubblicato da Andrea Donati in Monzuno · 27/11/2018 07:14:00
Un pregiato esemplare fossile sarà trasferito nelle scuole di Monzuno



Di Andrea Donati

Dietro nostra richiesta, il Professor Gian Battista VAI del Museo Geologico Giovanni Capellini di Bologna, Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Alba Mater Studiorum - Università di Bologna, ci ha cortesemente inviato una ricca ed esaustiva nota informativa, per la pubblicazione, sulla quercia fossile ritrovata e lo ringraziamo sentitamente.


“Circa 5.5 milioni di anni fa, 100 mila anni più o meno fanno poca differenza, il Savena, il Sambro e il Setta (SSS) non c’erano e al loro posto si stendeva una vasta fiumara sassosa pedemontana, larga anche oltre 10 km, estesa almeno da Monterenzio, Scascoli e Monterumici per una decina di km verso Nord fino a Mercatale, Palazzo dei Rossi e Mongardino. Molti torrenti impetuosi vi confluivano collegandosi poi mediante la stretta del Reno col bacino gessoso del Quaderna, S. Ruffillo, Zola Predosa.

Somigliava alle grandi fiumare calabresi sibarite o anche a quelle friulane odierne del Tagliamento e del Meduna. Per gran parte dell’anno la nostra era secca e percorsa episodicamente da corsi d’acqua intrecciati effimeri. Ma nella stagione delle piogge si gonfiava di acque minacciose che trasportavano ghiaie, sabbie e limi fin presso la costa del piccolo bacino o golfo intra-appenninico, semi-isolato dal grande Mare Padano-Adriatico. Le ghiaie dominavano verso monte, i limi verso mare. A guardia della stretta del Reno stavano il promontorio di S. Luca a Est e quello meno imponente di Monte Capra a Ovest.

Per almeno 2 o 3 milioni di anni l’area dell’alto Appennino Bolognese era stata in compressione e in lento sollevamento con passaggio dallo stato sottomarino a quello emerso e soggetto a erosione. L’inarcamento degli strati compressi e la loro deformazione differenziale lungo le faglie generavano frequenti sequenze di terremoti. Verso i 5,5 milioni di anni fa l’attività tettonica e sismica rallentava e nell’area della fiumara, al fronte dell’antico rilievo, cominciò il deposito dei materiali erosi dai torrenti attivi più a monte. Si sono poi alternati periodi calmi con deposito di limi e periodi inquieti con deposito di ghiaie.

Durante uno dei primi intervalli calmi la fiumara e i suoi fianchi ospitavano sulle sabbie limose fiorenti boschetti di querce anche imponenti. Ne sono esempio t tre tronchi trovati negli ultimi due anni, ancora radicati in posizione di vita nella Cava Casalino della SAPABA tra Lama di Setta e Cinque Cerri. La quercia più bella è ancora conservata su un gradone al piede della parete di cava. Si vede parte della corteccia rugosa in via di carbonizzazione a torba-lignite, mentre il grosso tronco non si distingue da quello di una quercia appena tagliata, e ha consistenza ancora solo lignea.

Nella foto . (Fig. 1), si vede un banco limoso spesso 2-3 m, seguito da due livelli uno di ghiaia e uno di sabbia. Il tronco cilindrico appare per due terzi ormai liberato dal limo che l’aveva sepolto (Fig. 2). Ha un diametro di 90 cm e alla base, presso il colletto, mostra il divaricarsi di alcune grosse radici che ancoravano il grande albero al terreno. Il tronco appare spezzato e privato di una grande scheggia longitudinale dal lato interno della parete di cava. Non parrebbe quindi trattarsi di una lesione causata dal recente scavo, bensì effetto di abbattimento antico di tutta la parte del tronco e rami superiori a 1,10 – 1,20 m dal suolo, a opera di vento e/o alluvione che ha spazzato la fiumara.
Colleghi botanici dell’ETH di Zurigo (Paolo Cherubini) e dell’Università di Bologna (Luisa Forlani)mi confermano trattarsi di Quercus del gruppo sempreverdi, come si può desumere dalla sezione sottile trasversale (Fig. 3).

Col consenso e l’aiuto della direzione della cava (Sig. Sauro Miozzi, che ringrazio) si è convenuto con l’assessore Lucia Dall’Olio del Comune di Monzuno che il pregiato esemplare fossile venga trasferito nelle Scuole di Monzuno, dove verrà conservato in funzione didattica insieme con altri fossili del territorio circostante provenienti dal Bacino Intra-Appenninico Bolognese o Contrafforte Pliocenico. Questo materiale paleontologico sarà valorizzato in collaborazione col Dip BiGeA (Biologia, Geologia e Ambiente) e con il Museo Geologico Giovanni Capellini dell’Università di Bologna. Ciò permetterà anche di integrare l’offerta didattica geologica molto varia e ricca già fruibile nella Sala della Terra di Castiglione dei Pepoli.

Bologna, 8 Novembre 2018 Gian Battista Vai “\t\t\t







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